martedì 13 febbraio 2018

Soltanto bolscevismo! (di A. Dugin)



Non esiste capitale "nazionale". L'essenza del capitale è internazionale. Esso ignora qualsiasi ostacolo sulla via del profitto economico. E questo profitto è ostacolato da ogni restrizione alla libertà di mercato. Ciò include divisioni di natura statale, nazionale, confessionale, ed altre. Il fascismo, per non aver compreso la propria stessa essenza riguardo alla necessità di combinare il nazionalismo proprio con il socialismo, cadde preda di questa mostruosa, imperdonabile illusione. Il nazionalismo non può essere liberale o fondarsi sul mercato. E' un'ideologia che fa appello ad una vita immateriale, collettiva, super-economica. La vita comunitaria è al centro tanto del nazionalismo, quanto del socialismo. Il capitalismo si fonda su una posizione radicalmente diversa, inconciliabile - il concetto di profitto materiale, efficienza, razionalizzazione del mondo presente, momentaneo, oggettivo. Non dimentichiamo che, in origine, il nazional-socialismo era fondato su una concezione, radicalmente socialista e rigorosamente antiborghese , di Ernst Junger - l'Operaio, Der Arbeiter.
Ma non è affatto necessario tornare sempre a volgerci all'esperienza tedesca e italiana. E' ora che il nazionalismo russo contemporaneo rimediti la propria esperienza storica. Una volta acquisito un metodo adeguato, ci apparirà evidente che l'ordine Sovietico, il bolscevismo, fu in verità una coerente, compiuta e perfetta espressione delle tendenze nazionali radicali russe nelle condizioni tremende e paradossali del XX secolo. Nella sua vera essenza, nella sua più profonda logica, nel suo spirito, il bolscevismo non fu null'altro che nazional-bolscevismo. Se osserviamo da vicino la storia del Partito Comunista, vediamo immediatamente che mai, nelle sue file, esistette alcun astratto internazionalismo. Fin dai tempi dei populisti, l'"internazionalismo" fu inteso nel senso di un socialismo nazionale, pan-Eurasiatico, imperiale, perfettamente coincidente con la missione storica universale del popolo Russo - un popolo che reca in sé non tanto il principio dell'etnia di sangue, quanto il principio di un particolare ideale spirituale e culturale. Il nazionalismo russo è sempre stato integrazionista, super-etnico, etico e messianico. Mai razziale, mai regionalistico, mai localistico. Proprio come il bolscevismo. Che ne consegue, per il movimento patriottico? Ci occorre una radicale revisione del periodo Sovietico, l'elaborazione di un modello storiografico speciale, nel cui quadro riscrivere la storia Sovietica secondo una terza variante. Fin qui, siamo a conoscenza di due tipi di approccio - anti-Sovietico e Sovietico. L'approccio Sovietico riflette la storia Sovietica in termini marxisti, sotto l'effetto ipnotico di una metodologia scolasticamente comunista astratta e complessa - un intrico prodotto dal succedersi di salti e fasi evolutive della dottrina socialista. Per di più, il filone principale della storiografia rigorosamente Sovietica è stato troncato a causa del crollo dell'URSS; al suo posto, è comparsa una pletora di raggruppamenti storicamente marginali, simili a sette, dall'intricata terminologia, in perenne conflitto gli uni contro gli altri, incapaci di pervenire ad un quadro ideologico unitario della fase Sovietica. Il secondo approccio ideologico coincide con il punto di vista anti-Sovietico. Esso presenta due posizioni. Una, ampiamente nota, è quella "democratica", "occidentale". Secondo questa teoria, il socialismo è un inganno, un male, e il periodo Sovietico è un'anomalia che affonda le radici nelle condizioni oscure ed arcaiche delle masse asiatiche, totalitarie e sottosviluppate, che abitano la regione nord-occidentale dell'Eurasia. Un'altro tipo di modello anti-Sovietico è quello monarchico, "Bianco". In base ad esso, il normale sviluppo di una particolare potenza europea è stato artificialmente interrotto da una congiura di fanatici alieni, che hanno condotto a termine un colpo di stato impopolare ed hanno governato grazie all'uso della forza e del terrore per lunghi decenni - fino a quando il sistema è giunto alla putrescenza. Le diverse interpretazioni del bolscevismo secondo queste due differenti prospettive - Sovietica e anti-Sovietica - sono ben note, ma siamo consapevoli anche delle loro discrepanze e tensioni interiori. In realtà, quanto è fin qui in nostro possesso non rappresenta l'approccio principale e più vero al fenomeno bolscevico. Un approccio del genere può essere costruito solo in base al riconoscimento della fondamentale unità, della parentela spirituale ed etica esistente fra l'idea nazionale (specialmente russa) e il pathos essenziale del comunismo in quanto ideologia, ivi incluso il marxismo. Ogni altro approccio opera una distinzione fra nazionalismo e socialismo (o comunismo), vedendoli come antitesi ideologiche, come tendenze incompatibili. E la convinzione di questa incom-patibilità si proietta oltre, sull'intero corso della ricostruzione storica. Le conseguenze sono note -l'essenza del fenomeno si perde, reciproche contraddizioni creano tensioni ed incomprensioni senza fine. Forse, il solo approccio che si avvicina alla verità è proprio quello, estremo, del liberalismo occidentale, che si caratterizza per il massimo di russofobia congiunto all'estrema avversione per socialismo o comunismo in ogni sua forma. Solamente qui - seppure in forma negativa - è correttamente apprezzata la sorprendente solidarietà e consonanza di bolscevismo e idea Russa; una parentela profonda al di là delle forme esteriori. 

Il problema si riduce all'elaborazione non di una forma negativa - come nel caso dell'anticomunismo russofobico, ma di un modello storiografico totalmente positivo, apologetico, del bolscevismo in quanto fenomeno che combina in sé organicamente tratti nazionali e tratti comunisti. Le fondamenta di questa costruzione sono state gettate per primo da Mikhail Agursky, nel suo inestimabile libro "L'ideologia del Nazional-Bolscevismo", e particolarmente nella sua versione inglese completa, dal titolo "La Terza Roma". Sorprendentemente, questo brillante lavoro non ha trovato seguito in un serio sviluppo del soggetto presso altri autori. Nulla, a parte abbozzi, frammenti, dettagli. Ciononostante, si direbbe che la formazione di un'intera scuola storica, armata della metodologia di Agursky ed avente a disposizione una miriade di lavori di ricerca di antisocialisti e russofobi radicali, i cui schemi possono essere riutilizzati come pietre da costruzione bell'e pronte, sostituendo automaticamente il giudizio di valore attribuito al medesimo fenomeno dal "meno" al "più" - si direbbe che questa formazione sia un'esigenza che non abbisogna di giustificazioni esterne. Forse è necessario attendere ancora qualche tempo, fino a quando non sia finito l'aggiotaggio politico dei sostenitori e degli oppositori del socialismo, fino a quando non siano emarginati i tanti e tanti storici privi di talento, che hanno occupato tutte le sedi istituzionali nel tetro periodo del tardo brezhnevismo (costoro hanno indirettamente favorito la resa del socialismo!). Ora, in un crescendo temporale, il metodo storiografico "monarchico" viene via via screditato, mentre le posizioni liberal-russofobiche, sebbene dominanti sin dall'epoca della perestrojka, diventeranno sempre più materialmente insicure, in una situazione segnata dalle condizioni disperate del popolo russo e dall'inevitabile esplosione sociale. L'ultimo rifugio delle canaglie resta il nazional-capitalismo, antisocialista e anticomunista, il fascismo di destra (di regola, legato a razzismo, xenofobia, ecc.). E' contraddittorio e irresposabile. E' assolutamente falso e privo di sbocchi. Questa teorizzazione di un innaturale compromesso è condannata sul piano concettuale e su quello storico. E' una via senza uscita amorale e inintelligente, intrisa di risentimento e/o complessi paranoidi. Al contrario, tutte le strade sono aperte alla storiografia nazional-bolscevica. E' la sola che ha un futuro. E' un approccio nel quale la passione per la verità storica si congiunge ad una scelta etica dignitosa, all'orgoglio nazionale e ad un acceso ideale sociale. E già si può prevedere che in futuro verrà meno qualsiasi necessità di usare il termine "bolscevismo" con il prefisso "nazional-". Il bolscevismo è già in sé nazional-bolscevismo, dato che un "bolscevismo non nazionale" non è mai esistito.

A. Dugin

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