sabato 22 febbraio 2014

La diplomazia di Stalin (Robert Steuckers)

La storia del nostro secolo viene insegnata dal punto di vista americano. Questo vale per la Seconda Guerra mondiale, per la Guerra Fredda e per la Guerra del Golfo. Nell’ottica americana, il XX secolo è il “secolo americano”, in cui si deve instaurare e mantenere un ordine mondiale conforme agli interessi americani, il quale è simultaneamente la « fine della storia », il punto d’arrivo dell’avventura umana, la sintesi definitiva della dialettica della storia. Francis Fukuyama, alla vigilia della Guerra del Golfo, affermava che con la caduta della Cortina di ferro e la fine dell’ « hegelismo di sinistra » rappresentato dall’URSS, un solo modello, quello del liberalismo americano, sarebbe esistito nei secoli. Senza più uno sfidante all’orizzonte. Da qui la missione americana di reagire rapidamente, mobilitando il massimo dei mezzi, contro ogni velleità di costruire un ordine politico alternativo. Qualche anno prima di Fukuyama, un autore germano-americano, Theodore H. von Laue, pretendeva che la sola autentica rivoluzione nel mondo e nella storia era quella dell’occidentalizzazione e che tutte le rivoluzioni politiche non occidentaliste, tutti i regimi basati su altri principi rispetto a quelli in voga in America, erano reliquie del passato che potevano solo allettare reazionari perversi che la potenza economica e militare americana avrebbe allegramente spazzato via per dare campo libero ad un iper-liberalismo di stampo anglosassone, sbarazzato da ogni concorrente.

Le opposizioni americane alla guerra di Roosevelt (Robert Steuckers)

La storia delle opposizioni americane alla seconda guerra mondiale è molto interessante. Essa ci introduce alle idee degli isolazionisti e neutralisti degli Stati Uniti, i soli alleati oggettivi e fedeli che noi possiamo avere oltre Atlantico, a parte, naturalmente, i patrioti dell’America ispanica. Affrontare questo argomento implica formulare alcune avvertenze preliminari.

- La storia contemporanea è inquadrata all’interno di un’angolazione propagandistica. Quale ? Quella che è stata orchestrata dai guerrafondai americani, coalizzati attorno al Presidente Roosevelt. Il compito della storia è dunque quello di ritrovare la realtà al di là della cortina fumogena propagandistica.

- La storia contemporanea è determinata dalla prospettiva roosveltiana, dove:
a) gli Stati Uniti sono l’avanguardia, la terra di elezione della libertà e della democrazia ;
b) gli Stati Uniti devono agire in modo che il mondo si allinei sulle loro posizioni;
c) Per via della loro ideologia messianica, interventista e mondialista, gli Stati Uniti si pongono come il braccio armato di Yahvé, sono chiamati ad unificare il mondo sotto l’autorità di Dio. Il loro presidente è il vicario di Yahvé in Terra (e non più il Papa di Roma).

Storia di un fascismo di sinistra (Claudio Mutti)

Ferenc Szálasi nacque il 6 gennaio 1897 a Kassa (oggi Kosice, in Slovacchia) da una famiglia in cui si intrecciavano radici ungheresi, slovacche, rutene, armene e tedesche. Dal padre, ufficiale dell'imperial-regio esercito, gli derivò la vocazione militare; dalla madre, cattolica di rito bizantino, ereditò il fervore religioso. Durante la Grande Guerra aveva combattuto tre anni al fronte come ufficiale e dopo la fine del conflitto era rimasto in servizio, perché intendeva intraprendere la carriera militare come suo padre e i suoi fratelli. Entrato all'accademia, aveva compiuto una serie di ricerche attinenti ai rapporti del mondo del lavoro con la difesa militare. Chiamato nel '25 a prestare servizio presso lo Stato Maggiore dell'esercito, cinque anni più tardi aveva effettuato un viaggio di studio in Francia. Nel '33 aveva pubblicato il suo primo libro, "A magyar állam felépítésének terve" (Il piano di edificazione dello Stato ungherese), dal quale emerge una decisa rottura con le posizioni conservatrici presenti nei movimenti fascisti e nazionalsocialisti. Erano quindi seguite altre pubblicazioni, una delle quali, "Le basi principali del disarmo", era stata tradotta in Germania da una casa editrice specializzata in questioni militari.

Lo storico è per sua natura revisionista

"Lo storico è per sua natura revisionista,
perché il suo lavoro prende le mosse dal lavoro
di coloro che lo hanno preceduto e tende a correggerlo
e a modificarlo alla luce di nuove scoperte,
nuove interpretazioni, nuovi documenti e
aggiungo io di un modificato clima culturale,
del sopirsi di passioni politiche e coinvolgimenti
emotivi spesso anche comprensibili."
Renzo De Felice

Appunti sul sionismo (Franco Morini)

Appunti sul sionismo 1)

Il 9 dicembre 1946 si tenne a Basilea, primo nel dopoguerra, il XXII° Congresso Sionistico.
I congressisti dovevano dibattere principalmente i seguenti argomenti:
- creazione della Stato ebraico in una parte della Palestina;
- creazione di uno Stato ebraico in tutta la Palestina;
- costituzione di uno stato binazionale basato sull'uguaglianza delle popolazioni araba ed ebraica;
- elezione del nuovo Presidente dell'Organizzazione Sionistica Mondiale, contemporaneamente Capo della Jewish Agency e del nuovo Esecutivo da eleggere.
Dopo quattro giorni di animate discussioni il Congresso sionista di Basilea decise a maggioranza che:
a) la Palestina fosse costituita come uno Stato Ebraico integrato nel mondo democratico;
b) le porte della Palestina fossero aperte all'immigrazione ebraica;
c) la Jewish Agency fosse investita del controllo dell'immigrazione ebraica e dell'autorità necessaria per la ricostruzione del paese.
Per quanto concerne l'elezione del nuovo Presidente, tale carica venne lasciata vacante per non riconfermare né umiliare l'ex Presidente, Chaim Weizmann, considerato troppo moderato nei confronti dell'Inghilterra e pertanto avverso alle azioni terroristiche anti-britanniche che si svolgevano in Palestina. In quel contesto Ben Gurion venne nominato Presidente-ombra dell'Esecutivo Sionista nella veste di primus inter pares di tale organismo.

Che cos'è l'antisemitismo? (Michael Neumann)

Un articolo interessante e divertente di Michael Neumann, professore di filosofia alla Trent University, Ontario, Canada, uscito per la prima volta su Counterpunch il 4 giugno 2002.


Ogni tanto, qualche intellettuale ebreo di sinistra tira un profondo respiro, spalanca il proprio grande cuore, e ci annuncia che la critica a Israele o al sionismo non è antisemitismo. In silenzio, queste persone si complimentano con se stesse per il proprio coraggio. Con un lieve sospiro, cancellano ogni ombra della preoccupazione che forse ai goyim – per non parlare degli arabi – non sia il caso di mettere in mano questa pericolosa informazione.

Qualche volta sono i gentili al loro seguito, il cui ethos, se non la cui identità, aspira all’ebraicità, a sobbarcarsi questo compito. Per non sbilanciarsi troppo, si affrettano poi a ricordarci che l’antisemitismo resta comunque qualcosa da prendere molto sul serio. Il fatto che Israele, con l’approvazione di una nutrita maggioranza di ebrei, stia combattendo una guerra – una guerra razziale, contro i Palestinesi – è proprio la ragione principale per stare in guardia. Chi lo sa? Si potrebbe sempre sollevare qualche ombra di risentimento!

La Palestina del Terzo Millennio tra geografia sacra e geopolitica (Carlo Terracciano)

"Ho stretto un’Alleanza con i miei eletti, ho giurato a Davide mio servo: Sino all’eternità stabilirò il tuo seme, ed edificherò di generazione in generazione il tuo trono". Salmo LXXXVIII, 4-5

"La nuova voce ebraica parla per bocca dei fucili. Questa è la nuova Torah della terra di Israele. Il mondo è stato incatenato alla follia della forza fisica".
Judas Magnes Presidente dell’Università ebraica di Gerusalemme dal 1926




UN ABORTO ANNUNCIATO
All’avvento del XXI secolo e Terzo Millennio dell’era cristiana la questione Palestina rimane uno dei nodi irrisolti della politica mondiale. A 53 anni dalla proclamazione di Medinat Israel , lo Stato di Israele, avvenuta il 14 maggio del 1948, il conflitto divampa più sanguinoso che mai e si è ancora ben lontani dalla nascita di uno Stato Palestinese più volte annunciato. Uno stato che, comunque, si prospetta fin d’ora come una vera assurdità in termini geopolitici; un’entità politica ed economica dissezionata e già morta prima ancora di nascere, con pezzi della Cisgiordania (la Giudea e Samaria per gli ebrei), la striscia di Gaza (e non tutta), e mezza capitale a Gerusalemme, il tutto da collegarsi con strade attraverso Israele, che manterrebbe in ogni caso il controllo agli accessi con il restante mondo arabo. I geopolitici definiscono uno STATO POLIMERICO quello formato da parti territoriali separate e non confinanti: esempio tipico il Pakistan Orientale staccatosi dal nucleo principale d’occidente nel 1971 con il nome di Bangladesh, dopo una guerra cruenta e semisconosciuta in occidente, che costò milioni di vite umane e di profughi. Altro precedente storico emblematico fu quello della Prussia Orientale, staccata dal corpo territoriale della Germania per dare ai polacchi un corridoio con sbocco al mare, dopo la I Guerra Mondiale: e fu il casus belli della II° ! Nella situazione palestinese saremmo in presenza di un vero "aborto statuale", una creazione ufficiale che non potrebbe materialmente sopravvivere senza "l’aiuto" esterno. Si pensi solo al grande problema di questo secolo in Medio Oriente: l’acqua. E con milioni di palestinesi dei campi profughi da far tornare!